Dal Monte Guglielmo: ad un passo dal cielo

Toccare le stelle è impossibile, raggiungerle è una suggestione, ma sfiorarle si può. E il Monte Guglielmo ci regala questa opportunità. Massiccia e imponente, è la montagna più alta del Lago d’Iseo e spicca per la sua forma dolce e arrotondata, in netto contrasto con le snelle e slanciate montagne circostanti. Il Guglielmo, visibile da quasi tutta la pianura padana, cattura anche l’attenzione dei turisti più distratti: spinti dalla possibilità di dominare il lago, non esitano a raggiungere la vetta. Certo, non è facile domare i versanti del Monte Guglielmo: la cima raggiunge i 1957 metri, ma ci sono vari percorsi di difficoltà diverse che conducono alla vetta.

Il sentiero  per la vetta

Un sentiero (227) interessante e di media difficoltà è quello che parte da Zone, ridente paese ai piedi della montagna e vicino a Marone, affacciato sul lago. Qui vale la pena far tappa per vedere le “piramidi”, formazioni geologiche la cui roccia è stata modellata nel corso del tempo dall’azione corrosiva dell’acqua. Prima di iniziare il sentiero, s’imbocca la Via Valeriana, antica strada romana che collegava Brescia alla Valle Camonica. Questa ci porta alla chiesetta della “Madonna del Disgiolo”, dove è conservata una roccia risalente a 200 milioni di anni fa,segnata dalle impronte preistoriche degli arcosauri, antenati dei dinosauri. Il percorso catalogato 227 è abbastanza lungo: dura circa 2.30h, e parte da un’altezza di 650 m s.l.m.: non comporta salite tecnicamente impegnative ma richiede sempre attenzione.

Divagazione d’artista

Il tratto iniziale, detto “Sentiero degli gnomi”, è semplice e curato, e presenta radici, intagliate da un artista locale detto “il Rosso”, a forma appunto di gnomi, le fantastiche creature della foresta, nonché di draghi e di orsi.

Ossigeniamoci prima del tratto finale

Proseguendo, si giunge ad un bivio e optando per la strada 227 si sceglie il percorso più semplice: il sentiero, inizialmente nel bosco, offre un panorama visibile solo a sprazzi, mentre inizia a farsi più ripido e scosceso. Arrivati a quota 1400 metri, s’incontra una fontana d’acqua potabile, preziosa per proseguire il viaggio. Il sentiero si restringe e si fa più ripido, punta dritto alla cresta della montagna, per poi sfociare in un grande prato verde. Il percorso ora è pianeggiante, porta dritto al rifugio a quota 1860 metri, e da qui è possibile contemplare il lago d’Iseo nella sua totalità. Ormai mancano soltanto dieci minuti circa per raggiungere la sommità del Monte Guglielmo, coronata dalla cappella del Cristo Redentore.

Evviva siamo in vetta

La vista è magnifica, e se da un lato Monteisola, l’isola lacustre più grande d’Europa, occupa tutta la scena, dall’altro svetta il Monte dei Trentapassi, che si dice abbia ispirato Leonardo da Vinci per dipingere lo sfondo della “Gioconda” e de “La Vergine delle Rocce”.

Sulle tracce di Leonardo

Sappiamo che, durante il periodo milanese trascorso da Leonardo nell’ultimo ventennio del Quattrocento al servizio di Ludovico il Moro, Leonardo visita il Lago d’Iseo. Lo testimonia un suo schizzo del Lago con la precisazione della toponomastica, redatta nella caratteristica grafia inversa, da destra a sinistra, da leggersi allo specchio. Dal Monte Guglielmo: ad un passo dal cielo

Per quanto queste zone, dai primi decenni del Quattrocento, siano alle dipendenze della Serenissima, Ludovico il Moro non rinuncia al sogno di poterle, un giorno, annettere ai suoi domini. Del nostro territorio affascinano Leonardo le montagne, con i loro profili, e le acque, con i moto ondosi che le animano: proprio a riguardo dello studio dei moti dell’acqua e dell’impiego dell’energia che sviluppano, in aiuto alle attività dell’uomo, Leonardo ci ha lasciato numerosi disegni.

Ma è in particolare alla realizzazione pittorica della prospettiva aerea che il soggiorno sul Lago d’Iseo porta contributi significativi. Devono averlo colpito certe giornate sospese, con la visione delle montagne che scendono ripide verso il lago, disposte quasi in una successione di quinte teatrali: verdi, azzurre o grigie a seconda della lontananza dall’occhio dello spettatore, per l’interposta atmosfera di vapori umidi che sforma e ammorbidisce i costumi. È un motivo, quello della consistenza atmosferica dello spazio, che Leonardo apprende qui e che torna, ricorrente, negli sfondi dei suoi dipinti. È pertanto la Natura, che lui riconosce come “maestra”, a rappresentare il termine privilegiato di riferimento della sua filosofia di vita.

Se si ha la fortuna di trovare  giornate limpide lo sguardo può raggiungere persino le Dolomiti e l’Adamello, e allora diceva bene il grande alpinista Felice Bonaiti: “chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna”. Si, sogna l’infinito.

 

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